08 agosto 2006

Perché il Libano va salvato


Editoriale del 7.8.06
Di Claudio Mésoniat, direttore del Gdp

Per ragioni di lavoro ho avuto occasione negli anni passati di conoscere abbastanza approfonditamente il Libano, davvero una Swissminiatur, nonpiù grande di Ticino e Grigioni (…) ma con un patrimonio di convivenza tra etnie, religioni e culture di inestimabile valore. Vorrei farmi capire: non una spiaggia turistica plurilingue, e neanche un salotto multiculturale per farci il festival. Ma un laboratorio di convivenza secolare , tra cristiani e arabi musulmani, ancora pieni di risorse e capacità piena di dialogo nonostante i durissimi contraccolpi bellici degli ultimi tre decenni (…). Ci siamo già dimenticati che un anno fa centinaia di migliaia di cristiani e musulmani avevano manifestato nelle strade di Beirut contro l’assassinio del musulmano Hariri, l’uomo politico liquidato dalla Siria perché intenzionato a riportare il Libano sulla strada di una reale indipendenza da Damasco e da Teheran? “La presenza cristiana in Libano è una condizione necessaria per salvare la presenza dei cristiani in Medio Oriente”, aveva riconosciuto Giovanni Paolo II. Ora, fa sapere l’agenzia Asia News, il 70% dei cristiani rimasti in Libano si dice esausto, demoralizzato da questa nuova guerra e intenzionato a lasciare il paese. E questa sarebbe, in mezzo a lutti e a distruzioni di questi giorni, la sciagura peggiore per il futuro di questa regione e dei rapporti stessi tra cristiani e musulmani. Qual è stato e quale potrebbe essere il ruolo di Israele in proposito? Gerusalemme è stata costretta a prendere le armi dalle provocazioni degli Hezbollah. Ma come spesso in passato, non mostra particolare sensibilità alla distruzione materiale, politica e culturale del Libano pur di mettere a segno alla svelta l’obbiettivo di disarmare Hezbollha. È giusto che gli israeliani si difendano dalla guerra per procura che l’Iran di Ahmadinejad (un pazzo- non per nulla ammiratore di Hitler- che proclama la necessità di “cancellare Israele dalla faccia della terra”) gli hascatenato contro; e lo fanno a mio parere, cercando di colpire postazioni militari e obiettivi strategici mentre gli Hezbollha sparano a casaccio i loro razzi su centri abitati (ma per molti media i bambini ammazzati a Nazaret o gli infermieri colpiti nella corsia di un ospedale hanno valore ridotto rispetto a quei poveri braccianti siriani che “coglievano la frutta nella valle della Bekaa”: e perché?). Ma a Israele che difende con i denti il proprio diritto alla sopravvivenza, si può chiedere oltre che il rispetto della vita umana e del diritto internazionale, di non passare come un carro armato sul diritto della sopravvivenza di un’altra presenza: quella cristiana? E che gli stati europei ( di cristiana, lontana origine) di mettere in campo le loro diplomazie e i loro potenti mezzi, anche con questo specifico intento?.

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