28 agosto 2007

25 agosto 2007

articolo del 2001 : L'UNIONE EUROPEA METTE MANO ALL'ARMONIZZAZIONE FISCALE

di JEAN ZIEGLER *
Il crimine organizzato internazionale fa grande uso delle banche elvetiche per riciclare i suoi profitti (1). In Svizzera, infatti, giustizia, polizia e codice di procedura penale dipendono dalla sovranità dei cantoni e, fra questi, solo la Repubblica e il cantone di Ginevra fanno reali sforzi per salvaguardare la piazza finanziaria dall'infiltrazione sistematica di mafie russe, baroni dei cartelli sudamericani o signori delle triadi cinesi.La seconda lauta sorgente cui si deve la favolosa ricchezza del paradiso elvetico è il denaro, frutto della corruzione e del saccheggio degli stati del terzo mondo da parte di dittatori ed élite autoctone. La Svizzera pratica la libera convertibilità delle monete. La neutralità politica, insieme al cinismo e alla grande competenza dei suoi banchieri, hanno tradizionalmente incitato i dittatori di ogni stampo - Sani Abasha (Nigeria), Mobutu (ex Zaire), Jean-Claude Duvalier (Haiti), e i vari Marcos (Filippine) - a depositare con estrema tranquillità i proventi delle loro rapine a Paradeplatz a Zurigo o in rue de la Corraterie a Ginevra.Ma la complessità della legge elvetica è tale che pochissimi governi africani, latino-americani o asiatici hanno una qualche possibilità di recuperare più di qualche briciola delle fortune dei loro tiranni decaduti. Così, dei circa 3,4 miliardi di euro sottratti da Sani Abasha e depositati in diciannove banche svizzere tra il 1993 e il 1998, anno della sua morte, solo 730 milioni sono stati ritrovati e bloccati e 115 milioni restituiti alle autorità di Lagos (2). C'è una terza rendita particolarmente redditizia: l'evasione fiscale internazionale. Da tutto il mondo, ma soprattutto da Germania, Italia e Francia gli evasori trasferiscono i capitali in Svizzera. Per un motivo semplice: in quasi tutto il pianeta, l'evasione fiscale costituisce un reato punibile penalmente. Ma non in Svizzera, dove la falsa dichiarazione d'imposta e la sottrazione intenzionale di redditi imponibili non sono che infrazioni amministrative. L'unico reato punibile penalmente è la falsificazione di documenti. In materia di evasione fiscale, il segreto bancario è dunque assoluto. Non viene mai tolto per nessuno.Si obbietterà che la Svizzera ha firmato, praticamente con tutti gli stati del mondo, convenzioni dette di reciproca collaborazione giudiziaria, basate appunto sul principio di reciprocità. Ma perché le autorità accordino il suddetto aiuto reciproco a un'autorità straniera, bisogna che i fatti su cui si indaga siano definiti come reato penale in entrambi gli stati. Ora, visto che l'evasione fiscale non rientra nel Codice penale della Confederazione, gli evasori tedeschi, francesi o italiani - clienti delle banche svizzere o di loro succursali alle Bahamas o a Hong Kong - possono dormire sonni tranquilli. Nessun giudice né autorità fiscale di Ginevra, Basilea, Berna o Zurigo darà la minima informazione ai giudici francesi, tedeschi o italiani.Ma il vento sta girando e in modo molto preoccupante per la piazza finanziaria elvetica che, secondo uno studio dell'università di Basilea, gestirebbe il 35 % circa dei patrimoni privati mondiali e assicurerebbe l'11% del prodotto interno lordo (Pil) del paese (3). Il 27 novembre scorso, infatti, i membri dell'Unione europea hanno raggiunto un compromesso sull'armonizzazione dell'imposizione fiscale sui redditi da capitale che, alla lunga, costituisce una seria minaccia per le banche svizzere. Certo, i Quindici procedono con tutto comodo: nel progetto di direttiva è previsto uno scambio di informazioni generalizzato tra le amministrazioni fiscali, ma soltanto nel.... 2010! Entro la fine del 2002, tuttavia, sono previsti degli incontri con paesi terzi, in primo luogo europei, tra cui Liechtenstein, Monaco e Svizzera, per assicurarsi il loro allineamento alla legislazione comunitaria.In altri termini, il segreto bancario dovrà essere negoziato con l'Unione...I tre errori degli «gnomi» I Quindici non sono i soli a volersi disfare dell'oasi elvetica: quest'ultima è presa di mira, direttamente o indirettamente, anche dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che si è appena dotata di strumenti di lotta contro la corruzione.Il segreto bancario svizzero è entrato anche nel mirino degli Stati uniti e del G8: nel corso dell'ultima riunione dei ministri delle finanze dei paesi membri, tenutasi l'8 e il 9 luglio 2000 a Fukuoka (Giappone), è stato redatto un elenco dei principali paradisi fiscali di cui è necessario ottenere la chiusura. La Confederazione elvetica compare ai primi posti.Nel 1984, gli svizzeri furono chiamati a pronunciarsi su un'iniziativa popolare costituzionale lanciata dal Partito socialista, Chiese e sindacati per una ridefinizione in senso restrittivo del segreto bancario. La proposta fu respinta dal 73% dei votanti. Per combatterla, l'Associazione svizzera dei banchieri aveva utilizzato - a suon di milioni - il seguente argomento: il segreto bancario è, nei fatti, un diritto della persona; è il garante della sfera privata; sopprimerlo significherebbe aprire la strada ad uno stato totalitario. Dal giorno della vittoria, gli «gnomi» non hanno mai modificato la loro argomentazione.Ma da allora ad oggi, e soprattutto dopo la crisi finanziaria asiatica e la scoperta degli innumerevoli casi di corruzione, i danni provocati dalla finanza globalizzata e dai paradisi fiscali hanno provocato notevoli cambiamenti nell'opinione pubblica internazionale. Cambiamenti che si sono ripercossi sui rappresentanti eletti, come prova, in Francia, la creazione di una missione parlamentare di informazione sugli ostacoli al controllo e alla repressione della criminalità finanziaria e del riciclaggio di capitali in Europa, che ha pubblicato rapporti molto espliciti sul Liechtenstein (4) e su Monaco (5). I governi, sia pure in misura ancora molto limitata, si sono messi sulla stessa strada.Secondo errore degli «gnomi»: per evidenti motivi, sono sempre stati ostili all'adesione alla Comunità economica europea (Cee), oggi Unione europea. Il 6 dicembre 1992, il popolo svizzero, sottoposto a una martellante propaganda, ha votato a maggioranza anche contro l'adesione allo Spazio economico europeo (See) che associa, in un'unione doganale, i Quindici e gli ultimi membri dell'Associazione europea di libero scambio (Aele): Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Anche in questo caso, l'oligarchia finanziaria si è sbagliata. Persuasa che fosse sufficiente restare fuori dall'Unione per salvare il segreto bancario, scopre ora con stupore che l'Ue decide di applicare ad un paese terzo le sue norme in materia di evasione fiscale.Il terzo errore è consistito nel sottovalutare le tendenze delle politiche fiscali europee: armonizzazione comunitaria e diminuzione delle tasse. È chiaro che, per garantire gli equilibri di bilancio, in presenza di una diminuzione dei tassi d'imposta, è necessaria una lotta più decisa contro frode ed evasione fiscale. il che vuol dire, nel lungo termine, l'eliminazione dei paradisi fiscali.Come diceva Chateaubriand: «Indifferenti alle grandi rivoluzioni degli stati che li circondavano, gli svizzeri si sono arricchiti sulle disgrazie altrui e hanno fondato una banca sulle calamità umane».Un'oligarchia finanziaria regna, da quasi duecento anni, su uno stato e un popolo, ai quali ha imposto una legislazione, un sistema ideologico e burocrazie elettorali strettamente funzionali alle sue necessità.Grazie ad un sistema bancario ipertrofico, ma anche ad istituzioni quali il segreto bancario e il conto a numero, questa oligarchia svolge il ruolo di ricettatore per il sistema capitalista internazionale.Grandi e potenti città-stato protestanti, come Zurigo, Ginevra, Basilea e Berna costituiscono una vera e propria armatura economica e politica per la Confederazione. La loro potenza finanziaria risale alla fine del XVII secolo, dal trionfo della Controriforma. Nel 1685, Luigi XIV revocò l'editto di Nantes. In Francia, i borghesi protestanti, in genere ricchi, furono perseguitati e i loro beni sequestrati.A migliaia si rifugiarono in Svizzera o, se non altro, vi inviarono il loro denaro. Accoglienza, custodia, occultamento e reinvestimento dei capitali in fuga da tutto il mondo costituiscono, da allora, le basi della prosperità elvetica.Il sistema di ricettazione è stato notevolmente perfezionato durante la seconda guerra mondiale. Hitler si trovava di fronte ad un problema che sembrava insolubile. La sua moneta non valeva più niente a livello internazionale. Ma aveva bisogno di procurarsi sul mercato mondiale, e in valuta, le materie prime strategiche - wolframite, manganese, osmio, tungsteno, ecc. - necessarie per proseguire la sua guerra.Nei paesi occupati, i nazisti avevano rubato le riserve d'oro delle banche centrali. Nei campi della morte, strappavano ai deportati fedi, braccialetti, denti d'oro.Un silenzio che protegge la virtù Tra il giugno del 1940 e l'aprile del 1945, il 75 % dell'oro rubato fu trasferito in Svizzera. In cambio, i ricettatori elvetici inviavano ogni mese a Berlino decine di milioni di franchi svizzeri convertibili.In questo modo le banche della Confederazione hanno contribuito al prolungamento del conflitto, mentre provvedevano a rimpinguarsi lautamente.Da allora, gli imperi bancari svizzeri figurano ai primi posti nel mondo.Maneggiare denaro in Svizzera equivale ad amministrare un sacramento: custodirlo, accoglierlo, contarlo, tesaurizzare, speculare, occultare, sono tutte attività investite di una sacralità quasi ontologica che nessun vocabolo deve sporcare, da svolgere in silenzio e raccoglimento.Chiunque commette il peccato di parlare troppo le dissacra e un tale sacrilegio è logicamente punito per legge.Silenzio e raccoglimento hanno, nella teoria calvinista della tesaurizzazione sacra, un corollario, il banchiere ginevrino, zurighese o di Basilea (magari con sede a Panama) assume la funzione di guardiano intransigente della morale. Di fronte ad un mondo di malvagi e miscredenti, il suo silenzio protegge la virtù. Solo l'uomo onesto si vale del segreto bancario, perché questo segreto è la ricompensa della sua onestà.In linea di principio, il banchiere accetta come debitore o creditore solo un uomo la cui virtù gli sia nota. Si presume che le operazioni realizzate siano interne ad un mondo definito dai precetti della Chiesa e dalla legge degli stati (6).Purtroppo, la prassi quotidiana smentisce brutalmente questo credo.Il fallimento ha prima di tutto una ragione teorica: la dottrina calvinista della tesaurizzazione come valore in sé implica il riconoscimento, se non come valore almeno come ineluttabile necessità storica, dell'esistenza, alla periferia del mondo, di centinaia di milioni di individui sfruttati e dalle condizioni di vita subumane. Una simile contraddizione annulla evidentemente l'insegnamento egualitario del Vangelo, quella fede e quei comandamenti che il banchiere afferma di servire attraverso l'istituzione del segreto. Il fallimento ha, in secondo luogo, una ragione pratica: è proprio il segreto, infatti, che spinge il banchiere a fare il contrario di quello che teorizza.Neutralità, ipocrisia, profitti... La quota svizzera di tutti i mercati finanziari offshore del mondo è valutata al 27% (7). Con questa percentuale la Confederazione si trova molto più avanti rispetto al Lussemburgo e ai vari paradisi fiscali dei Caraibi e dell'Estremo Oriente. Protetti dal segreto, gli «gnomi» fanno fruttare oltre 3.000 miliardi di dollari di patrimoni privati stranieri. I beni esteri, detti istituzionali (fondi pensione, ecc.), gestiti a Zurigo, Ginevra e Basilea, sono nettamente minoritari. Tutti, inclusi gli stessi banchieri, ammettono che circa l'80 % dei clienti affida i propri capitali agli istituti elvetici per motivi di riservatezza.In Svizzera, 107mila persone lavorano nel settore bancario. Per la piazza finanziaria elvetica la soppressione del segreto, imposta dall'Unione europea, avrà dunque a breve scadenza conseguenze drammatiche.Il ministro federale delle finanze, Kaspar Villiger ha appena dichiarato con arroganza: «Il segreto bancario non è negoziabile (8).» Ma al panico degli «gnomi» corrisponde il sollievo della maggioranza della popolazione. Perché la complicità con la criminalità è una tragedia che colpisce tutti i cittadini. Liberata dal banditismo bancario, dal suo segreto e dai suoi conti a numero, la Svizzera potrebbe finalmente ritrovare la sua tradizione di solidarietà internazionale.Se aderisse all'Unione europea - e all'Onu - sarebbe, per gli altri stati, un partner importante: la sua tradizione multiculturale, l'esperienza democratica e la lunga pratica federalista potrebbero fornire un prezioso contributo alla costruzione politica europea.
note: *Professore all'università di Ginevra, scrittore. Tra i suoi ultimi libri pubblicati in Italia: La Svizzera, l'oro e i morti, Mondadori, 1999 e I signori del crimine, Marco Tropea, 2000 (1) Leggere il dossier «Un arcipelago planetario di stati, mafie e transnazionali» Le Monde diplomatique/il manifesto, aprile 2000.(2) Le Monde, 6 settembre 2000.(3) Le Monde, 23 agosto 2000.(4) Leggere il rapporto che la Missione parlamentare comune di informazione sugli ostacoli al controllo e alla repressione della criminalità finanziaria e del riciclaggio dei capitali in Europa ha dedicato al Liechtenstein, molto legato alla piazza finanziaria elvetica (rapporto n° 2311, registrato alla presidenza dell'Assemblea nazionale francese il 30 marzo 2000). Questo rapporto è allegato all'opera collettiva di Attac, Les Paradis fiscaux, Mille et Une Nuits, Parigi, 2000, 102 pagine, 10 F.(5) Idem. Leggere tomo 1, vol. 2: La principauté de Monaco.(6) Leggere André Biéler, La Pensèe économique et sociale de Calvin, Ed.Georg, Ginevra, 1959. Leggere anche Giovanni Busino, «Intorno al pensiero economico e sociale di Calvino», in Rivista storica svizzera, n° 10, 1960.(7) Un mercato offshore è un mercato che accoglie capitali privati gestiti fuori dal paese d'origine. Vedere Gemini Consulting, New York, studio sui mercati offshore, aggiornato periodicamente.(8) L'Hebdo, Losanna, 29 giugno 2000. Leggere il commento di Frank A. Meyer in Der Sonntagsblick, Zurigo, 2 luglio 2000.(Traduzione di G.P.)

15 agosto 2007

Sulle vaie iniziative popolari.


Da parecchi giorni non faccio che rimandare la stesura di questo articolo. Poi ieri mattina ho letto il giornale e vi ho trovato una lettera degna di nota, e non è per mancanza di fantasia che ne riporto i passi salienti. Il signor Fabio Manetti si interroga sulla coerenza con il diritto vigente dell’iniziativa popolare per l’espulsione degli stranieri che commettono reato. Per cui egli, premettendo di non essere un giurista e che per tanto potrebbe anche sbagliarsi, cita la Costituzione Art.8, capoverso 1: “Tutti sono uguali davanti alla legge” e scrive:”Lo rileggo, dice TUTTI. Non dice “I cittadini svizzeri”. Quindi ciò vuol dire che non importa se qualcuno sia cittadino o meno, esso deve essere giudicato (e punito) allo stesso modo. Proseguo nella lettura, stesso articolo capoverso 2:”Nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell’origine (…)” Intendendo la parola “discriminato” in senso ampio, con il significato di “trattato in modo diverso”(ma non necessariamente negativo), posso quindi dire che non è permesso, appunto, discriminare fra la nazionalità di una persona per comminarle la pena. E ciò significa, in ultima analisi, che l’iniziativa mira ad inserire nella costituzione una norma contraria ad una già presente.” Io ringrazio il signor Manetti di Camignolo per questa acuta analisi che spero sia sufficientemente chiara e soprattutto corretta, da poter rendere irricevibile l’iniziativa e punire l’arroganza degli iniziativisti. Essere svizzeri non vuol dire essere migliori, e a volte può anche essere motivo di vergogna, quando per esempio si apprende di come il nostro Paese ospiti società come la Glencore, con sede a Zugo, che in Colombia ha espropriato con la forza gli abitanti di interi villaggi per estendere le sue miniere di carbone a cielo aperto (si veda in proposito l’emissione della Tsr Temps Present “Paradis fiscal, enfer social”). O quando si legge di come la Eternit, altra multinazionale svizzera abbia continuato per anni la produzione del pericoloso materiale pur essendo a conoscenza dei pericoli. Solo che contro questi criminali l’UDC si guarda bene dal lanciare un’iniziativa popolare.
Per contro un’iniziativa degna di nota c’è, ed è quella per il divieto di esportazione di materiale bellico, che ha raccolto 130.000 firme, ora al vaglio delle autorità, e che sarà presentata a Berna il 21 settembre. Spero che il popolo svizzero saprà allora fare la buona scelta e proibire il commercio della morte anche se già immagino la disparità di mezzi tra i fautori e gli oppositori.
E so che alla fine ci sarà un giudizio, al quale nessuno si sottrarrà, e che porrà fine per sempre a tutte le ingiustizie, e allora gli eletti vivranno “in sicurezza”.