27 maggio 2011

Viaggio ai confini del mondo


Viaggio ai confini del mondo

Oltre l’immagine stereotipata di un’Africa incontaminata e selvaggia o sottosviluppata e in balia dei ribelli

C’è un Paese lontano, ove, dallo sfarzo del suo palazzo, il sovrano Popol regna su di una ricca nazione brulicante di vita.

I sudditi, sempre indaffarati, affollano le strade, le piazze e i vicoli del mercato; ivi tutto si vende e si compra. Le galline che poco prima schiamazzavano tra le case vi sono condotte di forza, per finire infilzate su di uno spiedo. L’odore del fumo si mescola a quello del piscio e delle macchine, ma ancor più forte è l’aroma di cibi e spezie. Vecchie Toyota ridipinte di giallo trasportano in media quattro passeggeri dietro e due davanti, oltre al conducente che, ignaro delle leggi della fisica, spinge il veicolo in sorpassi al limite dell’impossibile, sapendo che saranno gli altri a scansarsi.Ma qua è normale e, dopotutto, dicono che dalle macchine siano stati tolti i pezzi che uccidono, e in verità di pezzi ne mancano parecchi, a partire dai bulloni delle ruote (non tutti ovviamente). Nell’ora di punta poi, ad un incrocio poco fluido, le macchine aggrovigliate in doppia o tripla fila, si sfiorano e si spintonano, proprio come noi faremmo all’Estival Jazz per aprirci un varco tra la folla. Altro particolare di questi mezzi di trasporto che ormai non mi sorprende più, ma che la prima volta mi ha fatto sorridere è quello della manopola per alzare e abbassare i finestrini: come la chiave del cesso in certe stazioni di servizio, spesso è unica e va chiesta e riconsegnata al conducente dopo l’uso. E così, di cose strane, come un branco di mucche incamminate sull’autostrada, ne ho viste altre, tutte spunto per animate discussioni tra chi, coscia contro coscia, codivide il tragitto (altro che “libera l’auto”), ma torniamo al nostro mercato. Nell’aria risuona una musica ritmata che sospinge ognuno vibrando dal profondo delle viscere. Ovunque ci si volga si é allettati da una miriade di stimoli e l’acquolina cresce man mano che il sole cocente ci ricorda che siamo fatti di carne, sangue e ossa. Come resistere alla vista di dissetanti tranci di ananas disposti tra blocchi di ghiaccio? Invece se è la fame a prevalere non tarderete a incrociare un uomo col vassoio in testa e un alto sgabello in mano: deposto il primo sul secondo vi farcirà una croccante baguette con uova sode, cipolle, sardine, mayonnaise e salsa piccante. E i colori! Rosso, del pomodoro, del peperoncino, dell’olio di palma e, più cupo, della carne esposta cruda o in procinto di arrostire su di un fusto di petrolio trasformato in braciere. Verde, delle banane da cuocere, accatastate a quintali accanto a montagne di frutta quali manghi, papaie, arance acerbe, avocado e naturalmente ananas, ma di proporzioni mai viste. Poi mazzi di verdure dai nomi più disparati. L’unione del verde col rosso dà luogo alle angurie, punteggiate di nero, succose e dolci, di tutte le dimensioni, a fette, pronte per essere addentate, mentre il nero già minaccia le banane più mature che del giallo hanno perso il bagliore, al pari dei vecchi tassì ammaccati. D'altronde rosso, verde e giallo sono i colori nazionali, onnipresenti. È impossibile non lasciarsi sopraffare da questo tumulto e resistere al flusso della folla variopinta che, tra i richiami dei mercanti, e le occhiate incuriosite per l’insolita presenza di un bianco, ti trascina negli angoli più remoti di un Paese dove si lotta con i denti per racimolare quel che basta per vivere. Eppure una vita non basta per scoprire tutto. È solo alla vigilia della mia partenza, e a dodici anni dalla mia prima visita, che sono stato condotto nel quartiere musulmano, al “ministère du soia”, letteralmente “ministero della carne alla griglia”, di cui avevo più volte sentito parlare e dove mi sono finalmente rimpinzato della tanto agognata, succosa e speziata carne bovina che in nessun altro posto è tanto buona. Il rovescio della medaglia forse è la mancanza di mezzi, che spinge anche i bambini a dover lavorare; come mi è capitato di vedere, tutti, dal più piccolo al più grande contribuiscono nel limite delle loro capacità. Non è ingiusto, ma vi garantisco che ho avuto un tuffo al cuore quando ho visto i miei piccoli amici passare le serate a scorticare arachidi. Questo è il medioevo, è un viaggio nel tempo più che nello spazio; il pacchetto di sigarette (che peraltro pochi fumano) non riporta alcuna dicitura riguardo i pericoli e la birra è pastosa e impregnata di malto. Un vecchio detto recita: “fin che ce n’è, viva il Re”. Viva Popol, viva il Camerun, quest’angolo del pianeta che Dio ha risparmiato da guerre, carestie e calamità! Il caso del Giappone mi fa riflettere, non sono contrario al nucleare, ma vedo che si può vivere consumando molta meno energia, e se qualche sera manca la corrente basta accendere una candela e andare a letto prima. E l’acqua, direte voi? La rete idrica è fatiscente, il prezioso liquido arriva a singhiozzi e bisogna andare a cercarlo con secchi e taniche, ma fortunatamente Dio dà la pioggia ai buoni e ai cattivi. Un mese senza acqua corrente non mi ha ucciso malgrado il colera che stando ai media locali ha fatto già decine di morti dall’inizio dell’anno. Notiziario della sera: il corpo del signor A. è stato riesumato e trasportato al villaggio dopo che il quartiere si è lamentato del suo spirito che aleggiava tra le case; il corpo era stato sepolto accanto all’abitazione contro il volere del defunto. Voi riderete ma il rumore del vento che sibila sopra i tetti di lamiera durante la notte non è dissimile da quello degli spiriti. E, sempre nella notte, non è raro udire il suono dei tam-tam accompagnato dai canti gutturali di una veglia funebre. Sentire per credere.

La Svizzera intrattiene buoni rapporti con il Camerun, tant’è che vi sono tre voli alla settimana a destinazione di Douala e Yaoundé e sono sempre al completo. Certo ci vuole un briciolo di coraggio per affrontare un viaggio di questa portata e non si può dire che sia una meta turistica classica, ma tra i pregi che ancora non ho citato vi è l’Oceano Atlantico: la località costiera di Kribi ha quel fascino naturale e selvaggio che sulle spiagge più conosciute è andato perso. Il mare non è turchino ma è caldo e le onde lo rendono piacevolmente mosso. I pescatori prendono il largo sulle loro piroghe per necessità e al loro ritorno il pesce viene subito smerciato; poi tra grida e canti gli indigeni trascinano le imbarcazioni in secca e riordinano le reti.

Una caratteristica che non si può fare a meno di elogiare, è il ruolo fondamentale che la famiglia esercita nel regolare la vita di questa gente. Tutto ruota attorno alla famiglia e in essa l’intero ciclo della vita si compie. È vero che per il parto si preferisce l’ospedale, ma la casa anziani per fortuna non occorre, poiché esiste la famiglia. Ogni risorsa è sfruttata in modo che il maggior numero possibile di persone ne possa usufruire, a cominciare dal pasto che è preparato in capienti marmitte di fattura artigianale, e calcolando sempre almeno un ospite in più. Per gli ingredienti che vanno macinati, o tritati, si ricorre a particolari macchinari, detti mulini, dei quali vi è un esemplare in ogni quartiere. Dunque quand’è ora, con tutti gli ingredienti in un pentolino, si manda un bambino, se non è a scuola e, per pochi spiccioli li riporta tritati. In questo modo esiste una professione, una specializzazione, per ogni azione per quanto semplice e basilare! Al sarto basta un rocchetto di filo, qualche ago e un paio di forbici che, fatte tintinnare gironzolando per le viuzze, segnalano il suo passaggio e gli rimediano così qualche ingaggio per rammendare strappi e ricucire bottoni. Se invece si possiede una carriola si è arruolati come portatori, mentre con una motocicletta… questa la devo raccontare: non so cosa stessero costruendo ma evidentemente occorreva un tondino d’acciaio, dieci metri piegato in due, e il mezzo più rapido (ed economico) per trasportarlo a destinazione era proprio la moto, conducente e passeggero ben sistemati sulla sella e carico al traino, saldamente in mano al passeggero. Una professione legata all’edilizia è quella dello spaccapietra; la sabbia arriva probabilmente dalle spiagge, ma per un buon calcestruzzo occorre mescolarla a della ghiaia. Evidentemente non se ne trova nel terreno rosso, argilloso, per cui, al bordo della strada ho visto spaccare sassi proprio per ridurli in ghiaia. Anche i mattoni sono fatti di sabbia e cemento, e vengono prodotti manualmente. Edifici di tre-quattro piani senza la gru? No problema, tutto il materiale viene issato a forza di braccia, in particolare la sabbia che viene spalata da un piano all’altro dell’impalcatura, rigorosamente di legno. E così di seguito si potrebbero elencare innumerevoli attività, dal venditore ambulante d’acqua, al ciabattino, al “call box”, persona munita di telefono che lo presta a chi deve fare una chiamata e in genere si occupa anche di rivendere le ricariche per i telefoni. E dire che molti sono laureati, che terminati gli studi non hanno avuto alternative. L’educazione è tenuta in gran considerazione e scuole e collegi esigono l’uniforme, perlopiù su due toni di blu o di beige.

Le prossime elezioni presidenziali sono previste in ottobre e Paul Biya, al potere da trent’anni, ha lanciato recentemente una campagna di assunzioni rivolta ai giovani per un totale di 25000 posti di lavoro e ha risollevato le sorti della compagnia aerea di bandiera che ora si chiama Camair-Co. Nessuno si illude ma tutti corrono a depositare la loro candidatura un po’ come in una lotteria dove almeno si sa che ci saranno dei vincitori. Una volta entrati nei ranghi dei funzionari statali, tutti questi fortunati e le loro famiglie sosterranno per altri sette anni il presidente e sopporteranno la scarsità di reali opportunità. Il sistema può essere criticato facilmente dall’esterno, ma quando si vive a stretto contatto con la popolazione ci si rende conto che tutto sommato funziona e presenta pure dei lati positivi. A nessuno è negata la possibilità di intraprendere un’attività purché sappia sfruttare le risorse a disposizione; nel peggiore dei casi la terra è fertile e abbondante e l’agricoltura permette a molte famiglie di sostentarsi, coltivando attorno ai villaggi. Il folgorante sviluppo della telefonia mobile mostra che dove c’è richiesta, il mercato non stenta a imporsi; dove ci sono possibilità di guadagno ci sono investimenti e c’è sviluppo. Psicologi, giardinieri, fitness club e distributori automatici avranno vita dura, ma con una mezza dozzina di computer funzionanti potreste senz’altro impiantare il vostro cyber-café, o se preferite, e avete la vocazione potete aprire una chiesa: il messaggio di Cristo passa molto facilmente e, concludo, se questa non è la vera ricchezza…

Nessun commento: